Il momento economico che stiamo vivendo ci porta ad essere tutti un po’ più rassegnati e pessimisti. Sarà colpa di questo clima non proprio idilliaco ma ci sembra che alcuni volterrani stiano un po’ smarrendo il senso di quella che senza giri di parole possiamo chiamare “identità volterrana”.
Rifarsi ad una propria identità ed opporsi alla disgregazione continua del nostro tessuto economico e sociale non significa mero tifo campanilistico fine a se stesso, ma significa anche e soprattutto proteggere le qualità, i punti di forza, le risorse, che un territorio possiede, al fine di creare e garantire un futuro per se stessi e per i propri figli. Abbandonare questa identità è infine un torto che facciamo a chi ci ha tramandato le ricchezze che oggi abbiamo.
Il Presidente Napolitano che tanto spesso ci richiama alla nostra identità nazionale, per stimolarci al lavoro e al senso civico, è forse un campanilista egoista? La nostra città, lo ripeteremo fino alla noia, ha una storia e un patrimonio che ci distinguono e che poche altre città possono vantare; una storia fatta di persone che con la loro volontà e identità hanno fatto speciale il nostro Poggio. C’è un dizionario che elenca i grandi volterrani della storia. Ci piace ricordare come molti di loro abbiano vissuto proprio per dare lustro e prosperità a Volterra. Da poco abbiamo perso un grandissimo studioso di Volterra, il prof. Ferrini e solo pochi anni addietro ci ha lasciato un altro grande cultore di Volterra, Monsignor Mario Bocci.
Quest’ultimo scrisse nel 1965 una definizione azzeccatissima della nostra città, da noi e da altri più volte già citata. Ci preme però qui ricordarla: “Volterra è una città. Lo diciamo con orgoglio a tutti i grossi paesoni del contorno. E’ nata Città cioè regno, stato, dominio, comune, repubblica autonoma. Ha un distretto, un contado, una provincia, un episcopio. Ha una storia, una dignità; ha dei confini naturali, etnici. Ha dei nemici. Ha subito delle insidie, ha fatto guerre, le ha vinte, le ha perse, sopporta bene l’usura del tempo…”.
Ricordiamo poi che molte persone sono morte, anche nel recente passato, per difendere Volterra, il suo territorio, la sua indipendenza, la sua libertà; loro hanno dato una altissima testimonianza di cosa voglia dire essere cittadini di una Comunità. Insomma tante persone in questi secoli hanno fatto di tutto per consegnarci una Città degna di questo nome. Addirittura alla fine del 1700 Volterra fu elevata a rango di Città nobile, proprio perché altre località presero il nome di Città ma non si poteva considerare Volterra, per la sua storia, pari a queste “neo città”. Straordinari poi sono i monumenti, le chiese, le mura che i nostri avi ci hanno consegnato proprio per ricordarci l’importanza del luogo in cui viviamo.
Oggi in giro sentiamo sempre più spesso parlare di Volterra come una città al tramonto, una cittadina se non addirittura un paese o borgo. Sentiamo discorsi del tipo “siamo rimasti pochi… dobbiamo accontentarci”, “non possiamo pretendere di avere un ospedale con solo undicimila abitanti” e il mitico “diaaà verai tanto un ci si può fare nulla” e così via; non dobbiamo mai dimenticare come mai siamo rimasti così pochi, né perché Volterra negli ultimi decenni in termini di popolazione è stata decimata. Non possiamo ragionare sul presente e sul futuro senza farci delle domande sul passato e soprattutto non possiamo pensare a Volterra come se la sua condizione si manifestasse da oggi; come ad un paesino residenziale o ad una ridente cittadina collinare costruita nel dopoguerra senza passato, senza storia e soprattutto senza le nostre risorse.
Se cadiamo nella logica attuale dei numeri Volterra non avrebbe più diritto a niente… nemmeno alla Coop! Se ci arrendessimo a logiche aritmetiche non avremmo niente da difendere e tutto ci dovrebbe essere tolto! Secondo noi il ragionamento è tutt’altro: capire come mai è successo tutto ciò e come poter fare a tornare ad essere quello che la nostra città e il suo territorio hanno sempre rappresentato sino a non molti decenni fa.
Che il Paese stia vivendo un momento drammatico, e così Regione e Provincia, non è una giustificazione per subire, immobili, ulteriori tagli e disinteresse; è sbagliato mostrare rassegnazione e accondiscendenza perché chi è stato svuotato per anni e anni non può essere messo sulla stessa linea di chi nello stesso periodo ha beneficiato di sviluppo economico. Alcuni dati per capire meglio: nel 1950 Ponsacco aveva meno di 7000 abitanti ora ne ha quasi 18.000. Pontedera sempre nel 1950 aveva poco più di 19.000 abitanti ora ne ha quasi 28.000. Cascina nel ’50 aveva meno di 30000 abitanti ora ne ha più di 44.000. Addirittura in paesi come Peccioli dove dal 1950 vi fu un tracollo demografico si assiste ad un’inversione di tendenza a partire dagli ultimi dieci anni. E noi… nel 1950 eravamo quasi 18.000 e ora siamo a fatica 11.000 ancora meno del 1861 quando ci fu l’unità d’Italia!.
Una caduta in termini demografici e di servizi pazzesco senza soluzioni di continuità. Però continuano a chiederci di tagliare servizi, accusandoci di essere dei campanilisti, leghisti, o addirittura dei “fascisti” e quant’altro se ci opponiamo a queste logiche. E’ solo da poco che si riparla di viabilità nel volterrano e che si cercano e si trovano fondi per le nostre strade. E’ solo da poco che si lotta per tenere la ferrovia a Saline, per cercare di riparlare un domani anche di ferrovia a Volterra.
E’ da luglio che il nuovo PIP a Saline (non a S. Quirico!!) ha messo a bando i propri spazi. E’ da ora che ci si mette contro la multinazionale che ha solo sfruttato il territorio, è da pochi anni che qualcuno si oppone alla logica dello smantellamento dell’ospedale, perché “tanto siamo rimasti pochi”. (dimenticando lo sviluppo di altri nosocomi intorno a noi che sono stati potenziati con logiche territoriali sconvolgenti). Se ci arrendiamo alla logica dei numeri in cui qualcuno ci ha fatto sprofondare siamo fritti…
Non è campanilismo bieco richiedere di mantenere per il nostro poggio quello che ha sempre avuto, richiedere il rispetto per quella centralità che Volterra ha rappresentato per secoli; non è da invasati richiedere che in una Città come la nostra, con una rete viaria che risale al 1800, siano rispettati servizi fondamentali come l’ospedale. Ritroviamo un po’ del nostro orgoglio. Rileggiamo qualche volta la nostra storia… FORZA VOLTERRANI!
La ripresa passa anche dalla volontà di ogni singolo cittadino di credere nel futuro , di pensare di più ad una logica di sviluppo per Volterra e per il suo territorio e meno ad un sistema egoistico e individualistico che mette in primo piano solo interessi personali.
Ce la possiamo fare…solo se lo vogliamo.
SOS Volterra